I Disturbi Multisistemici dello Sviluppo riguardano bambini dai 0 ai 3 anni.
I DMSS si collocano tra i Disturbi Pervasivi dello Sviluppo e i Disturbi della Regolazione.
Le caratteristiche principali che li differenziano da queste altre due patologie, sono:
1. rispetto ai Disturbi Pervasivi dello Sviluppo,
· Il disturbo relazionale è primario nei Disturbi Pervasivi mentre è flessibile e modificabile nel corso dell’intervento terapeutico nei casi di DMSS;
· Il disturbo è permanente nel caso dei Disturbi Pervasivi, mentre è flessibile e modificabile nel corso dell’intervento terapeutico nei casi di DMSS.
2. rispetto ai Disturbi della Regolazione,
· la differenza è basata sull’assenza, in questi ultimi, della difficoltà di relazione e di comunicazione.
In pratica si può dire che i bambini che presentano DMSS hanno le stesse ed identiche caratteristiche di chi è affetto dal Disturbo Pervasivo dello Sviluppo.
Quindi tali bambini presentano difficoltà di interazione sociale ed emotiva, difficoltà ad iniziare e/o mantenere una comunicazione o un rapporto di scambio comunicativo adeguato e, comportamenti ripetitivi, stereotipati con difficoltà di elaborazione e integrazione sensoriale.
La differenza tra i DMSS e i DPS sta nel fatto che nei primi è presente una evoluzione positiva dei “sintomi” grazie ad un buon trattamento.
Ovviamente, alcuni degli autori della Classificazione Diagnostica: 0-3 (Greenspan S.I. e Wieder S.) sottolineano come sia di fondamentale importanza in tal senso una diagnosi precoce.
Il motivo sta nel fatto che nei primissimi mesi di vita gli aspetti genetici, lo sviluppo psicofisico e gli aspetti dell’ambiente di vita del bambino interagiscono “in rete” e in maniera profonda, formando delle connessioni nervose modulate proprio da queste esperienze precoci.
Quindi la diagnosi tempestiva, permette un intervento precoce che va ad incidere non solo sulla “ri-abilitazione” delle competenze del bambino, ma anche sull’ambiente di vita dello stesso, cioè sui genitori.
E’ infatti fortemente consigliato prevedere dei colloqui con i genitori per aiutare il bambino a utilizzare dei comportamenti adeguati allo sviluppo, per cambiare la modalità relazionale con lui qual’ora ce ne fosse bisogno, per rendersi consapevoli del rapporto con il proprio figlio all’interno anche della famiglia allargata, ma anche per fare in modo che i genitori abbiano tutte le informazioni adeguate sul tipo di patologia direttamente dal professionista anziché affidarsi ad un “fai-da-te” che potrebbe essere fuorviante.
Questo significa che il genitore deve passare molto tempo con suo figlio, tempo in cui si deve dedicare alla sua educazione, al suo sviluppo, allo stabilirsi di una relazione tra lui e suo figlio il più adeguata possibile. E’ fondamentale che il bambino con DMSS sia stimolato in principal modo dai genitori, più che da qualsiasi altra persona, passando più tempo con lui di quanto farebbe un genitore di un bambino normodotato.
Spesso infatti, i professionisti dichiarano che è importante un passaggio da un “setting di tipo intensivo” ad uno che coinvolge l’ambiente a 360°. Ovviamente nei primi anni di vita, 0-3 appunto, i genitori sono coloro che passano la maggior parte del tempo con il loro bambino.
Inoltre, è necessario che l’attenzione deve essere rivolta al bambino anche da parte di professionisti tramite sedute di gioco condiviso, di logoterapia, di terapia occupazionale a frequenza plurisettimanale.
Gli obiettivi della terapia saranno:
· facilitare il bambino a percepirsi come un individuo in grado di interagire con gli altri;
· Insegnare al bambino che possiede una propria iniziativa che può esprimere;
· Insegnare al bambino a venire a contatto con le sue emozioni e la differenziazione delle stesse anche a livello comportamentale;
· Il passaggio dal pensiero concreto ad uno più astratto.
In conclusione, si può dire che è importante improntare un intervento integrato sul bambino che presenta un DMSS che vede interessati sia l’ambiente più strettamente terapeutico sia l’ambiente familiare. I genitori, quindi, devono essere direttamente coinvolti nella relazione con il bambino e fungere da regolatori relazionali ed emotivi del loro figlio e, educarlo nonostante le maggiori difficoltà che possono incontrare.
Bibliografia
Ammaniti M. (a cura di), (2001), “Manuale di psicopatologia dell’infanzia”, Raffaello Cortina Editore.